L’alternativa

del Commercio Equo e Solidale

 

Casella di testo: Non si vede bene che col cuore….
…l’essenziale è invisibile agli occhi.
(Antoine de Saint-Exupery)



Il Commercio Equo e Solidale e' un approccio alternativo al commercio convenzionale; esso promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l'ambiente, attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l'educazione, l'informazione e l'azione politica. Il Commercio Equo e Solidale e' una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: produttori, lavoratori, Botteghe del Mondo, importatori e consumatori. 
( Carta Italiana dei Criteri del Comes)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Contributo della Cooperativa Equo Mercato

alla discussione sul futuro del Commercio Equo.

(ottobre 2003)

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 


Premessa

 

Nella Carta Italiana dei Criteri il Commercio equo e solidale (Comes) è definito come “un approccio alternativo al commercio tradizionale”.

Ci sembra giusto assumere questa definizione come punto di partenza per analizzare i problemi che sorgono dallo sviluppo del  Comes nel nostro paese e nel mondo,  ma  ovviamente la difficoltà sta nell’intendersi su cosa significa “alternativo”.

 

Il nostro sforzo di essere “alternativi” si è sempre indirizzato verso l’obiettivo di valorizzare i rapporti tra le persone coinvolte nel Comes e di migliorare la loro qualità di vita.  Siamo convinti che, oggi, solo su questo terreno è possibile realizzare e verificare dei cambiamenti reali nel modo di fare commercio e che solo da una capillare diffusione di uno stile di vita più sobrio e attento alle persone potranno venire anche i grandi cambiamenti politici.

 

Nella nostra visione quindi il Comes  non si pone “in proprio” l’obiettivo di cambiare le regole o i rapporti di potere nel commercio internazionale, ma è parte di un più ampio movimento politico, nel quale deve svolgere il ruolo di un laboratorio collettivo, in cui si cerca di sperimentare un nuovo modo di fare commercio che, fin da subito, produce dei cambiamenti nella vita delle persone coinvolte: produttori, operatori del Comes e  consumatori.

 

 

I produttori

 

I produttori sono quelli che in modo più diretto e immediato possono sperimentare un cambiamento di vita grazie al Comes.  Per molti di loro accedere a canali privilegiati di vendita dei loro prodotti è il modo di uscire dalla miseria e accedere a condizioni di vita dignitose. Certamente è su questo terreno che il Comes ha ottenuto i suoi maggiori successi e aumentare il numero di produttori coinvolti resta quindi il suo obiettivo primario. Gli strumenti del  prezzo equo, della continuità dei rapporti commerciali e dello sviluppo di strutture produttive solidali e democratiche, evidenziati nella Carta dei Criteri, sono essenziali per continuare su questa strada e devono quindi mantenere un ruolo centrale nella pratica del Comes.

Il forte sviluppo del Comes  pone al riguardo alcuni problemi.

Innanzi tutto l’esigenza di garantire i consumatori sulla provenienza dei prodotti con qualche forma di certificazione. L’esperienza di FLO (Fairtrade Labelling Organization) a livello internazionale è un punto di riferimento per i prodotti inseriti nei registri. IFAT (Internatiol Federation for Alternative Trade) si sta movendo su un canale parallelo, attivando un sistema di monitoraggio dei produttori che è già in fase avanzata di sviluppo. In Italia l’istituzione del RIOCES (Registro Italiano delle Organizzazioni di Commercio Equo e Solidale) si muove nella stessa direzione.  Abbiamo aderito  alla Assemblea Italiana del Comes e al RIOCES nella convinzione che la strada da seguire sia quella di un sistema di monitoraggio che garantisca i soggetti coinvolti nel processo del Commercio equo e non solo i singoli prodotti, come attualmente succede con i marchi che fanno capo a FLO.

Pensiamo che questa sia l’unica strada che permette di garantire i prodotti di artigianato e di  offrire possibilità di sviluppo ai piccoli produttori.  La nostra attività ha sempre cercato di privilegiare piccoli progetti, spesso promossi  da noi, con le mille difficoltà che si incontrano in questo lavoro.

Sappiamo quindi quanto può essere difficile per realtà piccole soddisfare alle esigenze di certificazione, documentando in modo completo il loro operato. Siamo però convinti che lo sviluppo di queste piccole realtà sia uno dei valori fondamentali del Comes e quindi ogni forma di monitoraggio deve essere attenta a non metterle in difficoltà o addirittura ad escluderle.

 

L’esperienza ci ha insegnato che non è la struttura formale dei gruppi di produttori (cooperative o altro) che conta ma la sostanza dei rapporti di collaborazione che si sviluppano al loro interno.

Spesso realtà non strutturate o poco stabili che operano nei villaggi, in Africa o in America Latina, sono espressione di tradizioni di lavoro solidale vive nella cultura locale, anche se non corrispondono agli standard organizzativi dei paesi occidentali.  Con queste realtà lavoriamo e vogliamo continuare a lavorare, dando loro il giusto spazio nel Comes.  Il nostro obiettivo è di portare queste piccole realtà ad aderire ad IFAT, adeguandosi anche formalmente agli standard richiesti, ma sappiamo che spesso è un processo difficile; per questo riteniamo che ogni forma di monitoraggio deve essere abbastanza flessibile da accogliere le strutture produttive che le culture locali esprimono, senza imporre i nostri modelli.

 

Una forte presenza di piccole realtà produttive nel mondo del Comes è anche una garanzia di pluralità e di  partecipazione, una ricchezza per tutto il movimento che permette di penetrare meglio nelle diverse realtà locali.

Le grandi organizzazioni di produttori, che più facilmente possono rispondere a tutte le esigenze formali di certificazione, sono in un certo senso delle realtà privilegiate che, rispetto ad altre entità produttive dei loro paesi, hanno già potuto percorrere un cammino di crescita, aiutate dal Comes. Questo, come dicevamo, è certamente un risultato positivo, ma è importante che il Comes oltre a favorire il loro ulteriore sviluppo continui a promuovere la nascita di piccole nuove strutture produttive, capillarmente inserite nelle realtà locali.

Nel nostro lavoro abbiamo imparato che la collaborazione con associazioni di produttori grandi e ben stabilizzate è fondamentale per consentire anche a noi una attività stabile e per fornirci le risorse necessarie a sviluppare nuovi progetti. Questa è la strada su cui il Comes è finora cresciuto ed è fondamentale che continui a seguirla con convinzione, senza permettere che l’adozione di standard troppo rigidi, magari imposti dall’esterno, limiti le sue capacità di sviluppare nuove esperienze.

Apertura quindi a strutture dei produttori informali o anche di tipo profit (come già succede in IFAT), purché si abbia la garanzia di un processo in corso in cui le condizioni di vita dei lavoratori coinvolti migliorano e vi sono ricadute positive sulle comunità.

 

A volte dal rapporto di collaborazione con i produttori e dal rispetto della loro cultura ci vengono sollecitazioni a cambiare il nostro modo di operare e a non adattarci alla cultura dominante in occidente. Nella nostra esperienza un caso emblematico è quello dei movimenti dei bambini lavoratori da cui abbiamo imparato a considerare in modo nuovo il problema del lavoro minorile, un tema sul quale è necessario fare chiarezza in tutto il movimento del Comes,  rivedendo, se necessario, anche la Carta dei Criteri per dare spazio alle esperienze di lavoro dei minori in condizioni dignitose e offrire sbocchi ai loro prodotti.

 

Un ulteriore problema riguarda il possibile accesso dei produttori ai canali di vendita della grande distribuzione. Evidentemente questo riguarda soprattutto organizzazioni di grandi dimensioni, capaci di garantire grandi quantità di prodotti, con standard di produzione stabili ed elevati.

Per loro l’accesso a questi canali di vendita può essere indubbiamente un importante passo avanti, che comporta però anche dei rischi, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di scelta e di controllo della gestione aziendale e di reale cooperazione tra le persone coinvolte. Sono problemi che dovranno affrontare le singole organizzazioni di produttori che sceglieranno questa strada, ma sui quali anche da parte nostra ci deve essere attenzione.

E’ inevitabile che la partecipazione personale diretta di ciascuno ad ogni decisione importante (tipica delle piccole strutture produttive) non può essere garantita in organizzazioni che coordinano migliaia di persone, dove si devono sviluppare forme di rappresentanza e di delega.  E le difficoltà aumentano quando  le richieste del mercato impongono scelte produttive e organizzative dettate innanzi tutto da criteri di economia ed efficienza. 

 

In processi produttivi di grandi dimensioni è indubbiamente più difficile preservare il valore della “alternativa al commercio tradizionale”; ma è proprio questo il “valore aggiunto” del Comes che deve continuare ad essere ben visibile.

Non si può rischiare che questo valore venga compromesso da comportamenti dettati solo dall’esigenza di tener fede ai contratti di vendita, pena una ricaduta sull’immagine complessiva del Comes tanto più negativa quanto più estesa è la diffusione dei prodotti. Per i produttori che accedono a canali di grande distribuzione i controlli e il processo di monitoraggio devono essere quindi particolarmente rigorosi.

 

Tra i produttori che collaborano  con noi ben  pochi sarebbero oggi in grado di accedere a questi canali di vendita, e quindi non siamo spinti ad affrontare i problemi e i rischi connessi a tale scelta. In ogni caso pensiamo che ai produttori debba essere concessa la massima libertà di vendere i loro prodotti a chi ritengono più opportuno, sia nei canali del Comes che fuori, purché la loro struttura produttiva continui a garantire ai lavoratori gli stessi vantaggi e livelli di partecipazione alle decisioni.

Particolarmente importante da questo punto di vista è la questione del “prezzo equo”.

Per molti prodotti di largo consumo FLO stabilisce dei prezzi minimi che fanno da riferimento e ci sembra indispensabile garantire la massima trasparenza sui prezzi praticati in realtà, chiedendo ai produttori di rendere pubblici i prezzi effettivamente pagati  dai singoli importatori, specialmente per quanto riguarda i prodotti destinati alla grande distribuzione.

La massima trasparenza sui prezzi ci sembra il primo passo indispensabile anche per definire in modo più soddisfacente cosa si debba intendere per “prezzo equo” per quei prodotti non inseriti nei registri di FlO e in particolare per l’artigianato. Su questo tema, già più volte sollevato e dibattuto all’interno dell’Assemblea Italiana del Comes, è fondamentale sollecitare il contributo dei produttori, sfruttando la ricchezza di esperienza che ci viene dalla presenza di organizzazioni che operano in differenti realtà e con strutture molto diverse.

Di solito i produttori dispongono di cataloghi delle loro merci, con indicazioni di prezzo che derivano da una loro analisi dei costi delle materie prime, della giusta remunerazione dei lavoratori, degli oneri di mantenimento e sviluppo della struttura e di eventuali interventi a favore delle comunità, così da garantire che il prezzo indicato è effettivamente “equo”. Ma anche quando un catalogo non esiste, come nel caso di nuovi progetti,  i produttori sanno bene quanto possono ricavare dalla vendita dei loro prodotti nei mercati locali. Il termine “mercati” indica qui  i luoghi fisici in cui ci si scambiano le merci, e non  le entità astratte cui si riferisce la teoria economica. Luoghi in cui i prezzi vengono stabiliti dall’interazione di esigenze individuali e collettive concrete, legate al bisogno di ciascuno di avere un lavoro e una vita dignitosi e al mantenimento della stabilità e del benessere della comunità locale. Nella nostra esperienza di sviluppo di nuovi progetti, abbiamo visto che questi prezzi locali, frutto della cultura dei produttori e delle loro comunità, sono di solito il punto di riferimento più corretto e attendibile da cui partire per definire un “prezzo equo”, aggiungendo quanto serve per sviluppare le strutture produttive e altre iniziative.

 

 

Gli operatori

 

In Italia, negli ultimi anni, abbiamo registrato una grande crescita del numero di realtà che si occupano di Comes e di persone coinvolte sia a livello professionale che di volontariato. Anche per loro il Comes deve significare la possibilità di nuovi stili di vita che dimostrino la realtà di un “approccio alternativo al commercio tradizionale”.

Per chi lavora nel Comes la possibilità di svolgere una attività moralmente appagante è certo più importante della remunerazione economica e spesso tempo ed energie personali vengono investiti senza risparmio per la crescita del Comes.  L’esigenza di rispondere sempre meglio a tale crescita richiede comunque livelli di professionalità sempre più alti e comporta il rischio di introdurre anche nel nostro ambiente incentivi e metodologie di gestione del personale e dei  processi produttivi identici a quelli dell’economia tradizionale.

La sfida è di rispondere a queste nuove esigenze di professionalità e di efficienza senza perdere le nostre caratteristiche, ma anzi facendone un punto di forza da portare come testimonianza all’esterno. 

Perché ciò sia possibile è indispensabile che i rapporti tra gli attori del Comes si basino sulla cooperazione solidale e non sulla concorrenza, tenendo presente che, come dicevamo nella premessa, il Comes è parte di un movimento globale di cambiamento e laboratorio di sperimentazione di un’economia solidale.

 

Nella Carta dei Criteri si chiede che gli operatori del Comes siano  no profit. Una definizione che permette una discriminazione giuridica sulla base della forma societaria, ma che ci sembra insufficiente e inadeguata a comprendere tutta la realtà potenziale di una rete di economia solidale.

Quello che conta sono le scelte commerciali e organizzative concrete, non una forma giuridica dietro la quale possono nascondersi comportamenti poco coerenti. Non è facile definire i criteri che caratterizzano una impresa solidale, ma ci sembra indispensabile avviare la discussione partendo dalle esperienze non solo nostre ma anche di chi, al di fuori del mondo del Comes, cerca di muoversi nella stessa direzione.

 

Da parte sua il Comes si è rivelato capace di creare posti di lavoro e, in una fase in cui i diritti dei lavoratori vengono messi in discussione continuamente, è importante che si tratti il più possibile di lavoro garantito, visto che la stabilità del lavoro è un valore importante non solo per i produttori ma anche per noi. Fondamentale è anche il ruolo dei volontari, che con il loro contributo di idee e di lavoro concreto sono una componente essenziale del meccanismo produttivo del Comes. Tutti questi aspetti sono già considerati nella Carta dei Criteri e nei regolamenti dell’Assemblea generale, e possono diventare uno dei valori importanti da far conoscere all’esterno e su cui puntare per valorizzare l’intera filiera del Comes. 

Ma i regolamenti non possono bastare. E’ indispensabile che la differenza rispetto al commercio tradizionale ispiri la nostra pratica concreta diventando testimonianza quotidiana.

 

Per questo abbiamo scelto di praticare politiche di vendita che non adottano i tradizionali incentivi del commercio tradizionale, garantendo a tutte le Botteghe del mondo uno sconto identico sull’acquisto dei nostri prodotti, a prescindere dal loro fatturato, e senza richiedere soglie di acquisto, e stiamo lavorando per mettere facilmente a disposizione di tutti i prezzi trasparenti di tutti i prodotti e per definirli in modo da garantire ai produttori una quota del prezzo finale che sia significativamente più alta di quanto accade nel commercio tradizionale.

Riteniamo che queste scelte siano coerenti con l’esigenza di sperimentare un’alternativa al commercio tradizionale, ma sappiamo anche che la pressione del mercato spinge in altre direzioni.

Non è nel nostro stile chiedere che queste scelte siano adottate da tutti, anche perché crediamo che un laboratorio è tale se si praticano diverse strade di ricerca, ma ci sembra importante proporle alla discussione di tutti, sapendo che non è facile mantenerle senza uno spirito di collaborazione solidale.

 

La volontà di tener fede a queste scelte è uno dei motivi che contrastano con la possibilità di vendere i nostri prodotti nella grande distribuzione. Nei pochi approcci che abbiamo avuto con questi canali abbiamo verificato che le esigenze di trasparenza e di solidarietà sono difficili da mantenere, soprattutto quando si opera, come sarebbe nel nostro caso, in condizioni di grande inferiorità economica. Sappiamo che chi ha scelto di accedere alla grande distribuzione è cosciente di questi problemi e contiamo che sappia affrontarli nello spirito del laboratorio solidale.

 

 

 I consumatori

 

Che cosa è una alternativa al commercio tradizionale per i consumatori?

Quali sono i segnali più efficaci che agiscono sui comportamenti di consumo e possono modificarli?

Questo è il terreno su cui siamo meno preparati a rispondere, e fatichiamo ad andare al di là di un richiamo generico al consumo critico.

Non è facile misurare l’efficacia della comunicazione e dell’informazione che diffondiamo, o l’effetto delle campagne che promuoviamo, ma la sensazione è che si possa fare di più.

Anche in questo campo però è essenziale la cooperazione tra tutti gli attori del Comes,  non solo per moltiplicare le risorse disponibili, ma perché la cooperazione stessa diventi un valore che attribuisce efficacia al messaggio che vogliamo portare.

 

Un compito particolare da questo punto di vista spetta alla Associazione AGICES che crescerà nella misura in cui saprà promuovere una forte visibilità collettiva al Commercio equo e in particolare alle botteghe come punto finale di una filiera garantita dal RIOCES.  Per ottenere questo risultato sono necessarie risorse economiche adeguate che devono venire dagli iscritti. Siamo convinti che questa decisione debba essere presa rapidamente, e sulla disponibilità di tutti a farsi carico del problema, trasferendo parte dei fondi che attualmente usano per le proprie attività di informazione a una gestione comune, si misurerà la reale vitalità dell’Associazione.

 

Quali che siano gli strumenti di informazione che usiamo essi raggiungono però una minoranza dei consumatori, soprattutto nel caso di vendite nella grande distribuzione. Tutti i prodotti portano invece una comunicazione importante e percepibile da tutti nel loro prezzo.

Per questo crediamo che il problema di un prezzo trasparente e “giusto” diventa sempre più importante.

Il ruolo del prezzo nel mercato tradizionale è di equilibratore, ma anche di incentivo sia al consumo che alla vendita e il consumatore non è abituato a valutarne la trasparenza, ma solo il valore.

Cambiare il suo atteggiamento di fronte al prezzo è un obiettivo fondamentale, sul quale si può misurare l’acquisizione di uno stile di consumi alternativo a quello tradizionale.

Per questo riteniamo che il prezzo trasparente delle merci che vendiamo sia uno strumento indispensabile per l’educazione del consumatore e che le botteghe siano il luogo ideale in cui valorizzare questo strumento.

 

Agli importatori spetta il compito di mettere a disposizioni di tutti delle schede con prezzi trasparenti omogenee e facilmente leggibili. Una proposta già avanzata in diverse sedi di dibattito all’interno del Comes, e sulla quale ci sembra necessario tornare per giungere rapidamente alla formulazione di criteri comuni. Alle botteghe spetta il compito di valorizzare questo strumento nel rapporto con i  consumatori.

 

Nella Grande distribuzione questo obiettivo di educazione al consumo è indubbiamente più difficile da raggiungere, ma non si può rinunciarvi.

L’interesse dei consumatori per prodotti “etici” è una tendenza di mercato e quindi la Grande distribuzione cercherà di offrire questi prodotti,  legando i produttori a propri brand che ne garantiscono l’eticità o a forme di certificazione esterne. Ma il rischio è che questo diventi solo una forma diversa di consumo, in cui la coscienza del consumatore viene tranquillizzata da una etichetta, senza cambiare il suo atteggiamento rispetto al significato del prezzo che paga per quella merce e quindi senza modificare in modo sostanziale il suo comportamento di consumatore “inconsapevole”.

Questo ci sembra il problema più difficile da affrontare per la vendita dei prodotti del Comes nella grande distribuzione.

 

Per noi le Botteghe del mondo restano quindi lo strumento fondamentale di contatto tra i consumatori e il Comes. Uno strumento insostituibile, da proteggere e valorizzare diffondendo sempre più l’idea che per essere consumatori consapevoli non basta cercare prodotti “etici”, ma bisogna contribuire alla crescita di una economia sociale e solidale, di cui sono parte integrante le Botteghe del mondo ma non certo i supermercati. 

 

 

 

 

Cooperativa Equo Mercato

Via Cesare Cattaneo 6

22060 Cantù - località Vighizzolo (CO)

Tel. 031/734158 Fax 031/730915

equomercato@equomercato.it

www.equomercato.it